Batteria

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Autore: Natale Zanni
Pila di Alessandro Volta.
È un tipo particolare di generatore di corrente elettrica, in grado di trasformare altre forme di energia (di solito energia chimica) in energia elettrica. È difficile cogliere tutta l’importanza che questa ‘riserva di energia’ ha nel settore delle macchine destinate alla comunicazione. La b. ha dato alla tecnologia moderna la mobilità più totale, garantendone comunque le prestazioni; ha poi consentito un uso libero e individuale dei media: solo a modo di esempio ricordiamo il settore della produzione e fruizione delle immagini (fotografia, cinema, televisione), quello del suono (dalle radio portatili, ai registratori, ai telefoni cellulari), quello dei computer.

1. Origine, struttura, caratteristiche

Era il 1799 quando Alessandro Volta presentò per la prima volta un rudimentale generatore di corrente continua, ‘la pila elettrica’, innescando una rivoluzione tecnologica che avrebbe cambiato il volto della società umana.
A partire da quella prima realizzazione, la fortunata intuizione fu sottoposta a continue ricerche e modifiche. I piccoli panni imbevuti di acido di Volta furono sostituiti con soluzioni acide liquide più efficaci. Si passò quindi a soluzioni acide semi-solide, molto pratiche, in cui fu immerso un elettrodo di carbone, isolato dall’involucro esterno di zinco, il quale racchiudeva ermeticamente il tutto e fungeva nello stesso tempo da secondo elettrodo. Nel 1866 fu costruita la pila di Leclanché, che – con i miglioramenti successivi – è alla base delle pile a secco usate oggi nelle radioline, nei registratori o in altri apparecchi.
La pila – come tale – è formata da una sola coppia di elettrodi che producono tensioni di circa 1,4-1,6 volt. Questo valore di tensione è troppo basso per il funzionamento di molti apparecchi portatili; inoltre non si può erogare energia per molto tempo. Per avere più durata e tensioni più elevate si collegano insieme diverse coppie di elettrodi, diverse pile, in modo opportuno, dando origine alla b. elettrica. I due termini – pila e b. – avrebbero dunque significati diversi e non dovrebbero essere usati come sinonimi.
L’efficienza e la qualità di una b. sono definite da alcuni parametri.
– Un primo parametro riguarda la tensione del singolo elemento. Nelle b. ricaricabili, ad esempio, essa è normalmente più bassa che non nelle b. tradizionali, 1,2 volt contro 1,5 volt; in compenso la stabilità nel tempo è maggiore, anche se questa diminuisce con il tempo.
– Un secondo parametro riguarda la capacità di erogare corrente nel tempo; si calcola in ‘milli–Ampère-ora’ (mAh). Ad esempio, una pila di 600 mAh, in teoria, può fornire la corrente di 600 milli-Ampère (mA) per un’ora, oppure 60 mA per 10 ore.
– Un terzo elemento è la resistenza interna: se è relativamente bassa, rende possibile l’erogazione di una corrente elevata in tempi molto brevi.
– Infine un parametro interessante, però solo per le b. ricaricabili, riguarda la velocità di carica. In questo caso c’è bisogno di un carica-batterie con determinate caratteristiche.

2. Tipi di b.

Oggi il mercato offre una varietà molto ampia di b. Ci sono le tradizionali b. utilizzabili una sola volta, le classiche b. ‘usa e getta’ (nei contenitori ecologici!). Esse trasformano energia chimica in energia elettrica sino all’esaurimento. La trasformazione dell’energia avviene in un solo senso, utilizzando soluzioni elettrolitiche e materiali conduttori diversi. Esistono b. con elettrodi a zinco-carbone, zinco-argento o altri materiali ancora, come ad esempio il litio, che permettono di migliorare le prestazioni e diminuire l’ingombro, che hanno però costi diversi.
Molto diffuse sono le b. ricaricabili. Esse trasformano energia nei due sensi: durante la scarica, energia chimica in energia elettrica, come in una normale b. tradizionale e viceversa durante la carica. I metalli utilizzati per i due elettrodi possono essere: piombo-piombo (b. di tipo automobilistico), nichel-ferro oppure più comunemente nichel-cadmio. Le tensioni medie ottenute da queste coppie di elettrodi sono: 2 volt per gli accumulatori al piombo, un tipo particolare di b. ricaricabili, 1,25 volt per le b. al nichel-ferro e 1,2 volt per quelle al nichel-cadmio.
Il mondo delle b. ricaricabili è in continua evoluzione. Esistono:
– b. a ioni di piombo: usate ancora oggi per computer laptop e notebook, sono robuste ma pesanti e tendono all’effetto memoria (vedi paragrafo successivo);
– b. al nichel-cadmio (NiCd): hanno caratteristiche simili alle precedenti, ma l’elettrolito è alcalino e la durata è maggiore;
– b. all’idrato di nichel (NiMH): hanno un basso effetto memoria rispetto a quelle al piombo o al NiCd, ma anche una vita più limitata (400 cicli carica/scarica nominali contro i 500 e più delle NiCd) e una minore capacità di sopportare sovraccariche con il conseguente surriscaldamento;
– b. a ioni di litio: leggere, con buone prestazioni, molto utilizzate nell’industria dei laptop per la loro grande capacità, hanno un costo maggiore.
Il ciclo di ricarica della b. ricaricabile avviene a costi di energia elettrica molto bassi; essa ha la possibilità di essere ricaricata da circa 400 a 1000 volte, secondo il tipo di b.; il suo maggior costo di acquisto iniziale viene quindi ampiamente compensato nel tempo.

3. Effetto memoria

Nelle b. ricaricabili bisogna prestare attenzione all’effetto memoria, che ne può ridurre le prestazioni nel tempo. Esso consiste in una progressiva incapacità della b. di caricarsi completamente. Prendiamo, ad esempio, una b. che – con un determinato carico – abbia un’autonomia di circa 30 ore. Se, invece di essere usata per tutte le 30 ore, lavora solo per 20 e poi viene ricaricata, e questo lo si fa diverse volte, essa tenderà a ridurre la sua autonomia alle sole 20 ore. Di fatto non si caricherà completamente e quindi non sarà utilizzata in tutta la sua potenzialità.
L’effetto memoria non è comunque un fenomeno irreversibile e non si manifesta subito dopo la prima ricarica fatta in situazioni di non completo consumo. Per riportare la b. alle sue caratteristiche iniziali, è necessario caricarla e scaricarla a fondo per alcune volte.
Ogni b. ha, comunque, una sua vita misurata in numero finito di cicli carica/scarica. È opportuno quindi ricaricare la b. solo quando è necessario, diversamente si riduce il suo ciclo di vita. Da questo punto di vista la b. andrebbe normalmente scaricata completamente prima di ricaricarla.
La tecnologia in questo campo è in continua evoluzione. In particolare molti studi puntano alla riduzione del peso e dell’ingombro delle b., per guadagnare in trasportabilità, senza tuttavia ridurne la capacità, che anzi si vuole aumentare.
Il termine b. spesso viene esteso anche – per analogia – ad altre apparecchiature che forniscono corrente elettrica continua: si parla così di b. solari (celle di silicio in grado di trasformare la luce solare direttamente in energia elettrica) e di b. o celle a combustibile (dispositivi che forniscono corrente elettrica e come residuo producono acqua; sfruttano le reazioni elettro-chimiche che, in particolari condizioni, si sviluppano tra l’ossigeno e, ad esempio, l’idrogeno). La ricerca è oggi particolarmente impegnata su queste ultime (già utilizzate nei voli spaziali), nella concreta speranza di mettere a punto un generatore di corrente elettrica che utilizzi come combustibili materiali praticamente inesauribili e poco inquinanti.

N. Zanni

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Note

Come citare questa voce
Zanni Natale , Batteria, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (23/11/2024).
CC-BY-NC-SA Il testo è disponibile secondo la licenza CC-BY-NC-SA
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